la Repubblica Sabato, 13 marzo 1999                       spettacoli Milano                                IX

 

LA RECENSIONE. Il Teatro Artigiano ospite all’Out Off

Cavallette e grilli in una favola per adulti

 

Ha avuto una sua intensa storia negli anni '70 il Teatro Artigiano di Cantù, con le sue proposte esemplari di teatro-lavoro, che interessarono e stimolarono anche scrittori come Antonio Porta. La sua attività, allora richiesta dai festival, s' è ormai fatta più rara, anche se continua a recuperare qualche giovane attorno al nucleo originale di artigiani (e operatori della mente); ed è andata spostandosi verso la tragedia, l'ultima volta con un Edipo a Colono senza parole, ora verso la favola vera e propria. A questo filone appartiene I frutti dell'albero d' oro, in scena all'Out-Off, ispirato al Ramo d' oro, non il saggio di Fraser ma una novella di una prolifica scrittrice della corte di Luigi XIV. È una storia non semplice che Sergio Porro, autore regista e animatore del gruppo, s' è divertito a complicare vieppiù: un amore che cresce tra indicibili e infiniti incantesimi per cui una giovane coppia principesca comincia col respingersi vicendevolmente, in quanto si ritrovano lui sciancato e lei spastica, più o meno. Poi, offrendo ripetute .ed esagerate prove di buoni sentimenti e d' infelicità, i due diventano belli ma retrocessi a pastori senza titolo, si perdono e s'inseguono, tornano a malformarsi, ne escono lui grillo e lei cavalletta, finché raggiunto il desiato albero dai frutti d'oro vengono restaurati nella ricchezza e nel potere che nonostante tutto non aveva mai smesso di interessarli. E vivono felici e contenti tra molti protettori buoni a loro volta ripagati a iosa da disgrazie anche macabre.

Con il supporto di un narratore e di una specie di mostra di sculture di Valerio Gaeti a base di legno e midollino (una qualità di vimini), coi costumi «poveri» di Peppo Peduzzi, la compagnia s'è buttata a capofitto nelle molte metamorfosi perlopiù ovviamente solo alluse e ci guida affiatato alla gran kermesse tra il riso e lo sberleffo, che ai trascorsi artigiani aggiunge una dose di maliziosa crudeltà. È una prova elementare e sofisticata a un tempo che la recitazione svolge con semplicità disarmata, trastullandosi coi sentimenti come s' addice a una fiaba che i grandi si sorbiscono da piccini.

 

Franco Quadri