PROSA. L’altra sera lo Spazio Shed della Ticosa di Como ha ospitato un importante appuntamento dell’Autunno musicale
Una splendida rivisitazione del classico di Euripide firmata dal Teatro Artigiano
Un testo antico eppure moderno, un palcoscenico “inventato” in un edificio che racconta lavoro ed industria, una compagnia storica sempre pronta alle sfide della scena.
Ecco gli ingredienti di Alcesti, la tragedia del greco Euripide, scelta come nuova produzione dal Teatro Artigiano di Cantù ed andata in scena, l’altra sera, allo Shed Spazio Nuova Ticosa di Como. L’appuntamento con la prosa era inserito nell’ambito del Festival Autunno Musicale di Como, grazie all’iniziativa del Centro attività Musicali e Teatrali.
Per la prima volta in assoluto, il regista canturino Sergio Porro e i suoi dieci attori hanno presentato alla platea il loro ultimo lavoro, una fatica che ha visto la luce dopo oltre tre anni di incessanti e meticolose prove, in un percorso di gestazione complesso. Dopo la fiaba I frutti dell’albero d’oro, ultima tappa in ordine di tempo del cammino drammaturgico del gruppo non professionista, la scelta è dunque caduta su un classico, ma un classico del tutto particolare, frutto dell’ispirazione di Euripide che, tra i tragediografi del V secolo ateniese fu quello più fecondo di novità ed effetti dirompenti.
Alcesti, infatti, è stata definita una tragedia anomala per il suo accentrarsi intorno al tema della morte senza spargimenti di sangue, e con quel sorprendente “lieto fine” di “resurrezione” che lascia sospesi molti interrogativi. Accostandosi con un rispetto quasi insolito al testo originale, di cui è stata mantenuta la versione integrale, Porro ha creato una messinscena molto narrativa. Largo spazio era lasciato alla parola, al racconto del dramma di Alcesti, sposa fedele che sceglie di morire per salvare il consorte Admeto, vigliacco e canagliesco nel suo tentativo di sfuggire all’appuntamento con Thanatos.
La prova, impegnativa e serrata, anche per la scelta dell’atto unico senza interruzioni, è stata superata brillantemente, se si esclude un leggero calo di tensione nella seconda parte dello spettacolo, grazie ad una recitazione matura da parte degli interpreti e all’uso di “invenzioni registiche” davvero felici. Porro ha utilizzato informazioni del testo, rileggendole però con la consueta capacità di rielaborazione artistica. E’ il caso del tema del respiro: dal rantolo della moribonda che per i primi quaranta minuti ha scandito il triste ritmo dell’agonia, al rantolo, uguale ma ben diverso del meschino Admeto. Notevole anche la ricerca di una “poetica dell’oggetto”, resa possibile anche dalle suggestive e sempre efficaci scenografie di Valerio Gaeti, artista di grande sensibilità e ai costumi e luci di Peppo Peduzzi. Particolarmente significativa, nell’allestimento scenografico, era la costruzione del letto di morte di Alcesti che, a seconda dell’evolversi dell’azione, diventa prima portantina per il feretro ed infine, con un abile gioco di in castri, barca dei morti, guidata da uno spettrale Caronte.
Tra gli attori, tutti bravi od innamorati della scena, si segnala la prova di Fiorella Rovagnati, un’Alcesti dolente ed enigmatica, e di Bruno Tortoreto, nei panni di Eracle, personaggio antitragico, capace di introdurre note di commedia nel dramma. Il finale, che vede il ritorno in scena di Alcesti, strappata alla morte oppure mai morta, è rimasto sospeso in un clima pirandelliano che davvero sa di modernità. Il pubblico, numeroso oltre le aspettative, ha salutato la prova con convinti applausi.
Si replica, nello stesso luogo, il 29 settembre ed il 20 ottobre, alle 21.