La Provincia giovedì, 7 giugno 2001              CANTU’                                        33co

 

Gli attori abbozzano quella che reputano una loro preziosa creatura da tenere ancora nascosta

Il teatro Artigiano prova in segreto

La Compagnia canturina si prepara a recitare la complessa tragedia di Alcesti

 

Si può vivere un’anteprima teatrale come un’ecografia; con le stesse ansie e le preoccupazioni di un esame prenatale e con le stesse paure. Anche con l’identica gioia di quando si scorge, nel vibrare delle onde che si        materializzano sul monitor, l’accenno di una nascita: così naturale, così scientifica e pure così tanto misteriosa. Il lieto evento del teatro Artigiano di Cantù è atteso per l’autunno, ma già si riconoscono i tratti della “creatura”. Li hanno potuti leggere e vedere i pochissimi invitati chiamati allo straordinario consulto. In verità, nel locale delle prove in Cantù, luogo già di per sé terribile ed affascinante, la tragedia a lieto fine di Alcesti, moglie devota fino all’assurdo del           sacrificio personale, si consuma e rinasce in una dimensione familiare, diretta. A tu per tu con lo spettatore gli attori danno il massimo. Inoltre, l’evento è anche notevole perché gravido di significati precisi e simbolici di assunzione di paternità.

Sergio Porro più Giove che      padre, in sembianze di ospite lieto sembra voler liberare il testo (che ha tratto da Euripide) dall’oppressione dei pensieri. Incerto — sino ad oggi — sul da farsi Porro ha finalmente scelto la strada da percorrere con questo spettacolo; superati i blocchi perfezionistici ha già imposto un taglio (cesareo?) alle ossessioni che alimentano il suo modello di teatro. Si tratta, come ogni spettatore degli spettacoli del Teatro Artigiano sa, di gabbie intellettuali, testuali, visuali, sceniche nelle quali gli interpreti si muovono in apparente libertà assecondando (ma sempre discutendo) il volere (e il potere?) del regista (Giove, Drammaturgo, Capo, Padre, Padrone...) capace di plasmare e     di iniettare il soffio vitale            necessario a dare vita alla vicenda ed agli attori.

L’ecografia spettacolare ha mostrato con implacabile esattezza scientifica (la macchina non “deve” avere opinioni) che lo spettacolo c’è; che la natura del dramma è stata rispettata e, allo stesso tempo, originalmente stravolta, che gli oggetti scenici esistono, che l’accenno ai costumi funziona, che gli attori stanno vivendo - coralmente - il momento magico della creazione e che le paure vanno accantonate per accettare la “vita nuova” che sta nascendo.

Alcesti è il dramma di una        dedizione totale e di un amore (della donna-moglie) ad un uomo-marito abbastanza indegno di tanta passione e solo capace di porta           re gli impegni assunti verso la consorte (e verso gli dei) al proprio vantaggio personale. Dunque, si tratta di una vicenda tanto antica nei gesti e nelle parole, quanto moderna nei caratteri come sempre avviene in questi spettacoli tesi tra le sponde opposte dall’antichità e della contemporaneità. Il lieto futuro evento è previsto nell’ambito dell’Autunno Musicale.

Gerardo Monizza